In Italia sono 700 mila quelli che non riescono a rientrare nel mondo del lavoro. E vivono nel precariato tardivo
Da "L'espresso" del 7 marzo 2008
Ero andato dal parrucchiere e mi aveva detto: «Dottore, che cosa facciamo oggi, il solito?». Vado lì da trent'anni e il "solito" sono il taglio dei capelli e una ritoccata alla barba. «No!», gli avevo risposto, «stamattina coloriamo il ciuffo». Arrivato a 49 anni senza perdere un capello, avrei la chioma di quand'ero ragazzino, se non fosse per la striscia di bianco sulla frangia. Durante il ritocco, sulla poltrona avevo tenuto in mano la "Gazzetta" ma senza leggere un solo articolo, tormentato dal dilemma: «Funzionerà? Non funzionerà?». Uscito dal negozio ero corso a casa da mia moglie: «Perfetto», mi aveva rassicurato. Non ero impazzito, la mia nuova acconciatura aveva un senso e uno scopo... L'uomo dal ciuffo tinto cerca di barare, di fingersi più giovane: non lo fa per obiettivi galanti, né per migliorare il look. No: l'uomo dal ciuffo tinto vuole superare un colloquio, tentando di autoridursi l'anagrafe di una decina d'anni. Non è l'unico a fingere, con lui c'è un'intera generazione. Sono i lupi grigi del mondo del lavoro: vittime delle fusioni, delle tecnologie avanzate o di capi che hanno deciso di chiuderli in un angolo. Vagano lontano dai loro uffici o rinchiusi in gabbie troppo strette rispetto alle loro vecchie libertà: ululano sempre più disperati e finiscono per riunirsi in branco, negli studi degli avvocati o nei circoli Web. Un esercito che cresce di giorno in giorno, alle prese con problemi economici e psicologici. Perché il loro problema è quello di avere un'età fuori mercato: marciano verso i cinquant’anni o li hanno addirittura superati. E per tante aziende italiane sono solo costi da tagliare. Di questi uomini e donne da rottamare parla con ironia Gigi Furini, trasformando in un racconto dai toni brillanti l'incrocio di tante storie vere di precari maturi che cercano l'occupazione o la soddisfazione perduta. Sono totalmente out, ignorati dalla politica e della società, costretti a un destino di psicofarmaci, cause interminabili e ricerche disperate.
In "Volevo solo lavorare", Furini ritrae le anime perse in quella terra di nessuno che va dai 45 anni alla pensione, cercando di reinventarsi tra corsi di lingue, seminari di marketing, dispense di informatica, tante pasticche e molta umiliazione. Un'odissea che spesso parte dal mobbing per finire nella depressione clinica. Furini, giornalista veterano di cronaca giudiziaria e temi economici, ripete l'operazione che ha portato al successo "Volevo solo vendere pizza", il racconto in prima persona delle disavventure di un aspirante commerciante. Adesso guarda all'altro lato della barricata. E racconta il mondo del precariato tardivo: «Chi esce ancora giovane dal mondo del lavoro trova lavori temporanei, di ripiego, spiega Federmanager. Chi è costretto a ricominciare dalle inserzioni, scopre di essere discriminato per l'età: in media, le offerte si rivolgono a persone che hanno tra i 28 e i 34 anni e nell'87 per cento dei casi pongono un vincolo specifico: "44 anni di età massima ". Come dire che sono di dieci anni più vecchio rispetto al massimo concesso? Maledetto computer. Sforna dati senza sosta mentre io devo decidere della mia vita. A rischio, spiega ancora la ricerca, sono soprattutto quelli che abitano in una città del Centro-nord (io ci sono in pieno), hanno un buon bagaglio culturale (e ci dovrei essere) e appartengono alle classi medio alte (e qui c'è da discutere. Alte di reddito? Alte di titoli di studio?).
Leggo i dati Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: insieme a Portogallo, Belgio e Olanda, l'Italia, dicono, «è il paese con il più basso tassi di assunzioni per gli over 50 (solo il 4 per cento). Sarebbero più di 700 mila quelli che non riescono a rientrare nel mercato del lavoro. Superare i 35 anni vuoi dire uscire dal bacino dei candidati favoriti dalle aziende. Andiamo bene. Adesso i "favoriti" hanno meno di 35 anni». I consigli per uscirne? Il manuale di auto-aiuto offre 12 regole chiare e semplici. Quella fondamentale? Abbiate pazienza. T. NI.
Da "L'espresso" del 7 marzo 2008
Ero andato dal parrucchiere e mi aveva detto: «Dottore, che cosa facciamo oggi, il solito?». Vado lì da trent'anni e il "solito" sono il taglio dei capelli e una ritoccata alla barba. «No!», gli avevo risposto, «stamattina coloriamo il ciuffo». Arrivato a 49 anni senza perdere un capello, avrei la chioma di quand'ero ragazzino, se non fosse per la striscia di bianco sulla frangia. Durante il ritocco, sulla poltrona avevo tenuto in mano la "Gazzetta" ma senza leggere un solo articolo, tormentato dal dilemma: «Funzionerà? Non funzionerà?». Uscito dal negozio ero corso a casa da mia moglie: «Perfetto», mi aveva rassicurato. Non ero impazzito, la mia nuova acconciatura aveva un senso e uno scopo... L'uomo dal ciuffo tinto cerca di barare, di fingersi più giovane: non lo fa per obiettivi galanti, né per migliorare il look. No: l'uomo dal ciuffo tinto vuole superare un colloquio, tentando di autoridursi l'anagrafe di una decina d'anni. Non è l'unico a fingere, con lui c'è un'intera generazione. Sono i lupi grigi del mondo del lavoro: vittime delle fusioni, delle tecnologie avanzate o di capi che hanno deciso di chiuderli in un angolo. Vagano lontano dai loro uffici o rinchiusi in gabbie troppo strette rispetto alle loro vecchie libertà: ululano sempre più disperati e finiscono per riunirsi in branco, negli studi degli avvocati o nei circoli Web. Un esercito che cresce di giorno in giorno, alle prese con problemi economici e psicologici. Perché il loro problema è quello di avere un'età fuori mercato: marciano verso i cinquant’anni o li hanno addirittura superati. E per tante aziende italiane sono solo costi da tagliare. Di questi uomini e donne da rottamare parla con ironia Gigi Furini, trasformando in un racconto dai toni brillanti l'incrocio di tante storie vere di precari maturi che cercano l'occupazione o la soddisfazione perduta. Sono totalmente out, ignorati dalla politica e della società, costretti a un destino di psicofarmaci, cause interminabili e ricerche disperate.
In "Volevo solo lavorare", Furini ritrae le anime perse in quella terra di nessuno che va dai 45 anni alla pensione, cercando di reinventarsi tra corsi di lingue, seminari di marketing, dispense di informatica, tante pasticche e molta umiliazione. Un'odissea che spesso parte dal mobbing per finire nella depressione clinica. Furini, giornalista veterano di cronaca giudiziaria e temi economici, ripete l'operazione che ha portato al successo "Volevo solo vendere pizza", il racconto in prima persona delle disavventure di un aspirante commerciante. Adesso guarda all'altro lato della barricata. E racconta il mondo del precariato tardivo: «Chi esce ancora giovane dal mondo del lavoro trova lavori temporanei, di ripiego, spiega Federmanager. Chi è costretto a ricominciare dalle inserzioni, scopre di essere discriminato per l'età: in media, le offerte si rivolgono a persone che hanno tra i 28 e i 34 anni e nell'87 per cento dei casi pongono un vincolo specifico: "44 anni di età massima ". Come dire che sono di dieci anni più vecchio rispetto al massimo concesso? Maledetto computer. Sforna dati senza sosta mentre io devo decidere della mia vita. A rischio, spiega ancora la ricerca, sono soprattutto quelli che abitano in una città del Centro-nord (io ci sono in pieno), hanno un buon bagaglio culturale (e ci dovrei essere) e appartengono alle classi medio alte (e qui c'è da discutere. Alte di reddito? Alte di titoli di studio?).
Leggo i dati Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: insieme a Portogallo, Belgio e Olanda, l'Italia, dicono, «è il paese con il più basso tassi di assunzioni per gli over 50 (solo il 4 per cento). Sarebbero più di 700 mila quelli che non riescono a rientrare nel mercato del lavoro. Superare i 35 anni vuoi dire uscire dal bacino dei candidati favoriti dalle aziende. Andiamo bene. Adesso i "favoriti" hanno meno di 35 anni». I consigli per uscirne? Il manuale di auto-aiuto offre 12 regole chiare e semplici. Quella fondamentale? Abbiate pazienza. T. NI.
2 commenti:
Bene, qualcuno se ne sta accorgendo...
Si può peggiorare? Sì, se oltre a uscire dal mondo del lavoro a 46 anni sei donna, ancorché laureata, e vivi al sud.
Io di pazienza ne ho avuta tanta: ho subito mobbing per oltre 10 anni e bossing (azione combinata DA e RSU FIOM, unica presente in azienda, con cui collaboravo con ore di straordinario pazzesche) per aver tentato di difendere il posto di lavoro (non solo il mio!) nella più grande azienda distrutta in questo Paese. Poi la CIGS. Per evitare la depressione ho studiato una lingua straniera per dare quel tocco in + a un curriculum già ricco di progetti di ricerca e applicativi web realizzati. Poi, prima del terzo rinnovo, la decisione di aprire partita iva, ben sapendo di non avere spirito commerciale....
La cosa più triste? Non trovare spazio neanche nel terzo settore.
Potrei anche essere mediocre: ma i mediocri non mangiano? E perché mai tanti mediocri occupano invece posti di comando, impedendo a gente più preparata di emergere?
La realtà è che la precarizzazione ha rafforzato il clientelismo e che i manager che ruotano da un'azienda all'altra sono sempre gli stessi 'tagliatori di teste'. La soluzione? Licenziare i padroni! Come ha scritto Mucchetti e fatto il più geniale imprenditore del '900, Adriano Olivetti, quando gli proposero di tagliare i lavoratori per far fronte alla crisi aziendale.
paola
Peccato però che i padroni riescano sempre a riciclarsi e trovare spazio ovunque con stipendi da favola. Secondo me per loro diventa un piacere squisito ed una sensazione di potere "tagliare le teste".
Over 50 mobbizzata
Posta un commento