Da "La Provincia Pavese" del 16 marzo 2008
di Manuela Marziani
PAVIA - C'È CHI, in vista di un colloquio, si tinge i capelli sperando di sembrare più giovane e chi, pur di non raccontare alla moglie che ha perso il posto, tutte le mattine prende la sua valigetta ed esce di casa all'ora in cui usciva per andare al lavoro, ma poi passa le sue giornate ai giardini ricordandosi a fine mese di girare sul conto di famiglia un importo pari allo stipendio. Storie di ordinaria precarietà. Storie di 40enni che hanno costruito la loro vita attorno alla carriera e improvvisamente si ritrovano senza occupazione, senza stipendio e senza pensione. Storie che sono diventate un libro: «Volevo solo lavorare».
Dove ha raccolto i racconti inseriti nel libro?
«Dagli avvocati, dai sindacati - risponde l'autore Luigi Furini - ma soprattutto da due associazioni che si ritrovano in un bar di Porta Romana a Milano per darsi una mano e cercare di far cambiare la situazione attraverso pressioni politiche».
Hanno molti iscritti le associazioni?
«Certo, perché, visto come hanno organizzato la loro vita i 40/50enni, se sparisce il lavoro, scompare tutto. Con gli amici non si può più uscire perché non si hanno soldi da spendere, il rapporto coniugale viene minato perché si cominciano ad assumere psicofarmaci che portano scompensi sessuali, ai figli, che spesso sono ancora in casa, non si può più dare ciò che si dava prima, e un uomo si svilisce».
Che cosa chiedono i precari attempati?
«Di ricevere la pensione per i contributi versati fino a quel momento. Perché per i lavoratori delle piccole imprese che rappresentano il 95% del tessuto economico italiano non esistono scivoli o ammortizzatori sociali, ma queste persone hanno lavorato 20 o 30 anni. Se avessero fatto un'assicurazione privata, alla scadenza avrebbero avuto quanto pattuito, mentre con la pensione non funziona così perché lo Stato piano piano ha cambiato le regole del gioco mentre si stava giocando. Se prima bastavano 20 anni di contributi per avere la pensione, poi ne venivano richiesti 25 e adesso 40. "Vienimi incontro", chiedono queste persone. E sono soprattutto i manager e i quadri a farlo, perché non sanno come riciclarsi. Alcuni hanno aperto una partita Iva, ma a fine anno non sono riusciti ad emettere neanche una fattura, altri si sono venduti la seconda casa al mare o in montagna, mentre altri ancora cercano in tutti i modi di far durare fino alla pensione il gruzzolo che hanno da parte».
E trovare un altro lavoro?
«L'87% degli annunci di lavoro pubblicati sui giornali, per la ricerca di personale pone mediamente come limite d'età i 44 anni. Poi ci sono altri ostacoli al reintegro: la scarsa conoscenza dell'inglese e di Internet e la poca disponibilità ai trasferimenti».
Come le è venuta l'idea di scrivere questo libro?
«In parte da un'esperienza personale vissuta tempo fa, quando ho subito il mobbing ed ero deciso a lasciare il mio posto, ma prima ho messo la testa fuori e mi sono reso conto che la maggior parte degli over 50 disoccupati non ritrovano più un lavoro. Li ho incontrati tutti dallo psicoterapeuta, imbottiti di psicofarmaci. Perché ormai il mondo del lavoro italiano è diviso in due categorie: i dipendenti a tempo indeterminato, intoccabili soprattutto se lavorano nella pubblica amministrazione, e un esercito di poveracci che guadagnano dai 300 ai 700 euro al mese».
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