martedì 25 marzo 2008

La seconda fatica letteraria



"Volevo solo lavorare" (in libreria dal 6 marzo) è un viaggio nella giungla di chi è troppo vecchio per le imprese e troppo giovane per avere la pensione, tra i «mobbizzati» dell’unico paese europeo senza una legge in materia, tra i giovani precari, tra i lavoratori poveri e gli «scoraggiati», cancellati anche dalle liste del collocamento. Tra vicende tragicomiche, corsi di autodifesa e reti di solidarietà, Furini scopre un’Italia che i media non raccontano più: problemi concreti e quotidiani che la politica ha dimenticato, in un paese che sta perdendo le sfide della globalizzazione.

Nelle pagine di questo libro potrete leggere del giornalista «scomodo» costretto a lavorare nello sgabuzzino delle scope. O le vicende di cuochi e camerieri assunti e licenziati ogni due ore, centinaia di volte all’anno, con regolare tredicesima e quattordicesima (totale 1,1383 euro) e riposi non goduti (80 centesimi). Oppure la storia delle tre giovani dipendenti premiate dal datore di lavoro con una vacanza ai Caraibi, a patto che siano «gentili» con i clienti...

1 commento:

Eleonora Voltolina ha detto...

Io i libri di Furini li ho letti tutti e due, e devo dire che mi sono piaciuti molto. Forse più che il giornalista e il pizzaiolo Furini è questo: uno scrittore. Ha uno stile sornione, accattivante, che incurioscisce il lettore e lo coinvolge, pagina dopo pagina, nelle sue disavventure.
Dal libro "Volevo solo vendere la pizza" trasudava l'indignazione per un'Italia paralizzata dai cavilli burocratici e da un sindacato ormai sordo e autistico.
Da questo nuovo libro, "Volevo solo lavorare", emerge invece il dramma del mobbing. Devo dire che la parte che mi ha colpito e stupito di più è quella relativa al lavoro a chiamata: Furini racconta di cameriere chiamate ogni sera a lavorare in ristoranti e pizzerie, ogni volta - ogni giorno - con un contratto nuovo. Tutto in regola: ma se la cameriera serve ai tavoli ogni sera, perchè non farle un contratto normale? Perchè ricorrere al "job on call", pensato per categorie di lavoratori ben più specializzati?
Questa è l'Italia. Non appena si apre, attraverso la legge, uno spiraglio per gabbare lo Stato o gli altri cittadini, è davvero troppa la gente che ci si infila senza pensarci due volte.
Io ne parlo ormai da mesi sul mio blog, dedicato agli stage: perchè oggi come oggi ci sono troppi lavoratori dipendenti subordinati, spesso laureati e produttivi, mascherati da stagisti. Così le aziende possono evitare di pagarli, e di pagarci sopra le tasse...
Che vergogna. Povera Italia. Ma io sono sempre convinta che le cose possano cambiare, se qualcuno si impegna affichè cambino.

Eleonora
http://repubblicadeglistagisti.blogspot.com/